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Pillola di P.A.C.: Saper Educare

SAPER EDUCARE

Parlando di educazione in questo momento mi piace dar rilievo al pensiero di ADOLFO PANFILI il quale afferma la necessità di attivare un sistema di ribilanciamento. Via l'ansia ma l’attivazione del sistema parasimpatico che produce dei neurotrasmettitori come la serotonina, le endorfine che ci fanno essere positivi. Quindi avvio alla creatività, alla musica, al piacere di stare bene.

EDUCARE: prima di tutto è necessario parlare di educazione ai tempi del corona-virus, perché in questo momento pieno di ansia, di agitazione di smarrimento ed aggiungerei anche di paura, risulta necessario essere dei buoni educatori, non eccellenti ma solo buoni.

Cosa vuol dire? L'educatore, sia esso genitore o insegnante o istruttore di basket, dovrebbe possedere delle capacità per poter praticare un'educazione efficace: dovrebbe essere competente, dovrebbe saper stimolare proponendo molteplici attività da svolgere individualmente ma anche in gruppo. Dovrebbe conoscere le modalità di apprendimento del soggetto che sta educando (ad esempio conoscere i canali comunicativi che tutti utilizziamo prediligendone uno...), dovrebbe conoscere il contesto dove opera e modificarlo se necessario, rendendolo più adeguato. (ricordiamoci che ambienti diversi hanno impatti diversi sulle persone).

Perché l'attività educativa è molto impegnativa?

Perché implica tanta energia e coinvolgimento visto che l'educatore è artefice del benessere psicofisico dell'educando.

Intanto educare deriva dal latino Educere e significa: tirare fuori, quindi estrarre tutto quanto c'è di potenziabile nell'individuo e soprattutto di positivo e non è facile trovare strategie efficaci che permettano lo sviluppo delle capacità.

Per quanto riguarda l’educazione positiva, considero il metodo-ricerca P.A.C. che prevede interventi educativi positivi, non permissivi, dove si tiene conto delle capacità dell'individuo e si cerca di tirarne fuori il meglio adottando atteggiamenti di fiducia e di gratificazione per aumentare l'autostima.

L'educatore deve possedere le giuste competenze:

saper affrontare i conflitti, cioè deve avere un atteggiamento positivo, pieno di amorevolezza, di fiducia e deciso, perché educare è prima di tutto offrire, non solo pretendere.

Non esiste un metodo universale che risolve tutti i problemi educativi, ma se si è disposti a considerare tutti gli elementi che influenzano l'attività educativa, allora ce la possiamo fare. Dobbiamo avere buone capacità relazionali, accogliere, ascoltare, accettare senza giudizio.

È pur vero che a seconda dei momenti, dei vissuti e dei contesti noi abbiamo una risposta differente, il vero educatore sa' rivedere continuamente le proprie modalità di intervento, aggiustandole in base alla situazione, inoltre deve essere consapevole di saper gestire il proprio vissuto emotivo per poter lavorare con l'altro.

L'educatore deve essere empatico, ed ascoltare i bisogni.

Ascoltare soprattutto gli adolescenti, i quali sono condizionati spesso negativamente dalle proiezioni dei genitori che non sono riusciti per ovvi motivi, a raggiungere determinati obiettivi, oppure sono troppo pieni di aspettative, rivendicano il diritto di opporsi alle regole per differenziarsi, perché non accettano il loro modo di essere, così si imbattono in una miriade di situazioni disagevoli, pericolose e in vere e proprie contestazioni.

Il metodo-ricerca P.A.C. prevede un atteggiamento empatico da parte dell'educatore, non permissivo, ma capace di saper comprendere il vissuto emotivo del soggetto da educare, inoltre prevede lo sviluppo del pensiero creativo in quanto necessario ad avere un comportamento critico verso sé stesso e verso gli altri. Il percorso educativo che riguarda gli adolescenti rappresenta un motivo di sofferenza per l'educatore e per il ragazzo che si vede sfumare i privilegi di un bambino e non si riconosce ancora “uomo” maturo con responsabilità decisive e importanti. Qualcuno ha detto che gli adolescenti sono come i gamberi, con la scorza dura e l'interno fragile, se noi riusciamo a rompere questo guscio allora possiamo entrare, in modo molto garbato nel loro mondo emotivo per poterli aiutare a riconoscere e a gestire le proprie emozioni, sapendo anche canalizzarle. Se abbiamo intenzione di sfidarli, con atteggiamenti aggressivi e con rispecchiamenti inutili, allora potremo considerarci sconfitti: il guscio si chiuderà a riccio.

Non ci dimentichiamo che l'adolescente predilige come punto di riferimento il gruppo, a cui è legato ed omologato. Se possiede un pensiero critico, perché educato a essere creativo, riuscirà a schivare gli elementi negativi del gruppo e se ha un genitore empatico può condividere la sua sofferenza emotiva, altrimenti si rinforzerà inconsapevolmente il suo atteggiamento universalmente accettato dal gruppo di appartenenza che inevitabilmente è negativo.

Il ruolo dell'educatore ha un posto di rilievo ed oggi in particolar modo, deve abbandonare ogni perfezionismo, ogni coercizione per non creare conflitti.
La serenità è l'arma che ora si chiede al genitore e comunque all'educatore perché non abbia la pretesa assurda di considerare l'educando come un oggetto da riempire a somiglianza di un essere perfetto, escludendone i difetti ed ampliandone le virtù.

Non nascondiamoci niente, siamo a conoscenza delle incapacità dei nostri figli, ma valutiamo le capacità, soprattutto rivalutiamo la qualità della comunicazione, che sia efficace, specie in famiglia che risulta essere la prima agenzia educativa. Se una persona risulta ben educata in famiglia lo sarà in ogni altro contesto sociale. Come si può educare bene? Solo educandosi.


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